Ciao Marco,
allora ti dico la mia ....
A mio modo di vedere tutto il nodo della questione è nella "ratio" della collazione ed in quello che il Maestro Capozzi avrebbe definito il fondamento dell'istituto.
Schematizzando:
(i) Ove si accedesse all'idea di un istituto posto a tutela di interessi, in senso lato, "pubblicistici" (idea certamente presente in buona parte della letteratura di riferimento) si dovrebbe riconoscere alla figura della collazione volontaria uno spazio molto limitato o addirittura nessuno spazio (più di recente un opinione in questa direzione è stata espressa da F. Venosta nel trattato di diritto civile della UTET Volume II La divisione pgg. 250 e ss) . Se infatti si riconosce che la collazione è concepita a presidio del superiore interesse della famiglia all'unità e uniforme trasmissione del patrimonio familiare ed all'equa distribuzione dello stesso tra i più prossimi congiunti e se, quindi, riconosciamo nell'istituto una funzione di tutela di interessi "metaindividuali" è evidente che l'autonomia privata (nella particolare specie dell'autonomia testamentaria) avrebbe scarso spazio di manovra dovendosi uniformare a regole legali che dovremmo concepire come rigide ed inderogabili.
(ii) Ove invece, con i più, riconoscessimo che la collazione ha il solo ruolo di ricostruire una PRESUNTA volontà del testatore ed è quindi posta a tutela di un interesse essenzialmente privato è evidente che non v'è necessità di porre limiti (salvo quelli derivanti da altri e diversi istituti come la tutela della legittima) all'autonomia privata (testamentaria) in materia di collazione.
E' infatti evidente che, se una volontà viene espressa, sono messe fuori gioco le regole suppletive che servono a ricostruirla.
La presenza della dispensa dalla collazione è un dato di sistema che, certamente, induce ad una ricostruzione in questi termini.
Personalmente sono portato a condividere questa seconda interpretazione, se non altro perché mi pare che, vista l'evoluzione sociale in essere, l'ordinamento tende (e gli interpreti tendono) a concepire con sempre maggiore larghezza di vedute la tutela della famiglia ed a consentire sempre maggiore spazio all'autonomia privata nella gestione delle sue dinamiche patrimoniali e non (vedi, sotto il profilo patrimoniale, il patto di famiglia, le norme introdotte in materia di rinuncia all'opposizione, e, sotto il profilo non patrimoniale, tutto il delicato dibattito in ordine al riconoscimento della famiglia di fatto, tradotto in alcuni casi in nuove norme come quelle sulla filiazione).
Quindi, coerentemente, sarei pronto, anche in sede concorsuale, a sostenere tesi diverse da quelle espresse dalla giurisprudenza di merito (sul tema dell'art. 739) o dalla giurisprudenza di legittimità (sul tema della presunta impossibilità di imporre per testamento l'obbligo di procedere alla collazione per natura o per imputazione senza fruire della opzione di legge tesi che pure non mi pare condivisibile)
Sono infatti dell'idea che sostenere un'interpretazione minoritaria (o contraria ad alcune pronunce giurisprudenziali che si criticano) ove si argomenti in modo compiuto e tecnicamente plausibile, non solo non pregiudica ma impreziosisce l'elaborato (conosco tante storie di candidati che, sostenendo con forza argomentativa tesi originali o addirittura opposte alle tesi più diffuse, sono stati premiati con voti alti o altissimi).
Ovviamente, peraltro, se si ritiene, più "comodamente", di sostenere tesi maggioritarie non si sbaglia.
Il punto è che sono fermamente convinto che candidati preparati e con una buona visione del sistema possono e devono avere il coraggio dei propri pensieri ... osare su soluzioni e letture originali (o addirittura minoritarie) può essere vincente! Certamente bisogna avere chiaro il percorso interpretativo proposto e avere la sicurezza di saperlo rappresentare con sufficiente linearità espositiva.
Per concludere ... sul tema specifico del 739, non vedo difficoltà ad imporre (con la logica del legato di cosa altrui) l'obbligo di far oggetto della collazione beni donati a soggetti diversi dal condividente che alla collazione deve procedere.
La ragione principale è quella fondata sulla ratio dell'istituto (vedi sopra). Sul piano strettamente tecnico-strutturale, poi, non mi pare che vi siano difficoltà ad ammettere che il testatore possa imporre ad uno di più coeredi pesi ed oneri che si risolvono nel procurare beni altrui (arg. ex art. 651) o nel ridurre per valore equivalente (a quello di beni donati ad altri) il beneficio ereditario dell' "onorato" (sarebbe il caso di una collazione per imputazione).
Nemmeno le norme sulla divisione ereditaria, infine, mi pare che rechino in sé disposizioni che rendono il meccanismo che stiamo esaminando impraticabile.
Se vuoi coltivare il dibattito non esitare a farlo ... a me piace ...
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Un caro saluto e grazie del quesito